La chiesa di Laggio festeggia un ambito traguardo

S. ANTONIO ABATE DI LAGGIO 550 ANNI DI FEDE E DI STORIA

L’importante anniversario sarà celebrato dal Capitolo assieme alla Parrocchia di S. Martino con diverse manifestazioni religiose e culturali.

Quanto importante sia per la fede e la memoria storica dell’Oltrepiave la chiesa di S. Antonio Abate a Laggio è facile comprendere. Ce lo racconta e testimonia ogni documento, ogni avvenimento della piccola patria alpina, di pace come di guerra, remoto o recente che sia.
Il piccolo ma suggestivo tempio sul Col de Pertegona ha accompagnato davvero per secoli le alterne vicende, felici ed infelici, della comunità all’ombra del Tudaio e dello Schiavon.
È lecito supporre che prima di quello sorto sul col di “Pertegona” nel secolo XV nessun altro edificio religioso sorgesse a Laggio, a patto naturalmente che non si voglia tener conto di qualche tabernacolo o di qualche cappelletta eretta per devozione in questo o quel punto della via.
Fermo restando che la prima menzione ufficiale risale al 10 gennaio 1454, allorché nel suo testamento una Caterina, figlia del fu Biteo (Bartolomeo) da Tablerio (Taulèn, presso S.Vito) e moglie di Antonio Da Ronco di Vigo, ordinò ai suoi eredi di provvedere ad un’elemosina alla chiesa di S. Antonio “de Laglo” e di farvi celebrare inoltre 3 messe annue, non siamo in grado di precisare l’anno esatto dell’erezione, ma certo il merito spetta senz’altro a Ser Giacomo di Salagona.
Costui, figlio di un Ottone da Salagona ci ha lasciato un testamento scritto il 18 marzo 1462 nella casa del testatore dal notaio Leonardo Barnabò di Vallesella.
In tale documento, che costituisce l’atto di fondazione del Capitolo, oltre ad istituire diversi lasciti a parenti e chiese del luogo, Giacomo dichiara esplicitamente di aver fatto costruito “ad honore di Dio e di San Antonio di Vienna una chiesa nella Villa di Laggio a tutto suo costo et spese”, e di aver comandato che “gli huomini e Commune di Laggio debbano la ditta Chiesa regger et governar, et che nissun uomo o persona, possi ne voglia molestar ditta Chiesa in cos’alcuna”. La popolazione di Laggio era tenuta a farvi celebrare in perpetuo una Messa ogni mese, preferibilmente dal Pievano di S. Martino di Vigo; tuttavia, nel caso questi si rendesse indisponibile, sarebbe stato lecito farla celebrare da un altro sacerdote gradito e liberamente scelto, con ricompensa fissata in “soldi dieci de piccoli” e con devoluzione dell’intero incasso avutosi nell’offertorio.
La chiesa voluta da Giacomo sorse sul colle detto “di Pertegona”, che si distacca dal rilievo di Adiès e, finendo quasi al centro dell’abitato, viene a dominarlo tutto. Qui, a poca distanza dal bosco, sorgeva originariamente il centro di raccolta del bestiame del paese, ovvero un recinto con porta d’entrata e d’uscita, costituita da travi mobili appoggiate a pali fissi (“trasie” o “pertie” in dialetto), cosicché un “perticone”, ovvero lunga pertica, finì col generare il toponimo “Pertegona”.
La chiesa fu dedicata a S.Antonio Abate perché in quel secolo, nonché nei precedenti, infieriva in tutta Europa l’“erpete zoster”, una terribile malattia arrivata in occidente all’epoca delle Crociate, contro la quale si invocava la protezione e il soccorso del celebre anacoreta della Tebaide (251-356), dal quale il morbo fu detto appunto “fuoco di S.Antonio”, consistente in una specie di infiammazione maligna, nervosa, dissolvente, che attaccava specialmente il petto e lo stomaco e che si propagava in forma epidemica.
Forse di questa natura era la malattia che funestò parecchi villaggi del Cadore nel 1465, in modo particolare Lorenzago,  e che venne ricordata anche dal Ciani:
Essa subì danni notevoli nell’incendio del 1540 e, riattata e ripristinata, ebbe il 28 maggio 1574 la visita del delegato patriarcale Luca Bisanzio, Vescovo di Cattaro, che la “riconciliò”, ovvero riconsacrò,  in nome del Patriarca d’Aquileia Giovanni Grimani.
Nel 1632 fu allargato l’altare e venne devoluta al Pievano e al Marigo, come offerta per il pagamento della pala di S.Rocco, la somma di lire 7, cui si aggiunsero lire 22 al Marigo l’anno successivo, da devolvere come compenso all’intagliatore della pala.
Ma i veri lavori di ingrandimento della chiesa gotica, con l’aggiunta di una seconda navata ad est, quella centrale, cominciarono nel marzo 1662
L’altare laterale a sinistra (cioè quello del Rosario) fu eseguito nel 1667 e terminato nel 1669, con lavoro di intaglio eseguito dai fratelli Giobatta e Giovanni Chiantre di Vigo, che poterono essere pagati grazie all’autossazione di 70 uomini.
La terza, che costituisce oggi il coro, è del 1731. Fu il Patriarca Daniele Dolfin a consacrarla solennemente il 4 agosto 1745, mentre risale al 1868 un importante restauro, resosi necessario dopo il furioso incendio del 1854.
Al suo interno sono conservate delle opere notevoli come “l’annunciazione” e la “Pala del Rosario” del Zonca, l’altar maggiore con una pregevole pala del Da Rin ed i paliotti opera dei fratelli Chiantre. 
Molti sono stati i momenti difficili per il nostro S. Abate, molti gli interventi di restauro che ha dovuto subire in quest’ultimo secolo di vita, dividendo – si può dire – le stesse alterne vicende della popolazione, dall’invasione austriaca del 1917 a quella nazista del 1944, dalla lotta partigiana al trionfo e declino delle sorti magnifiche e progressive del turismo dolomitico.
Ma la chiesa rimane lì ancor oggi, salda e sicura, a concludere ed incoronare armoniosamente lo slancio in leggera salita della via principale del paese. Modesta ma non umile, severa ma non spoglia di opere pregevoli, essa rappresenta più che mai lo spirito ed i valori della gente di Laggio, l’attaccamento più genuino alla fede e alla cultura degli avi.

WALTER MUSIZZA – GIOVANNI DE DONA’